sabato 24 maggio 2014

In Sicilia


Appena rientrati dalla Sicilia dove siamo stati ospiti della Festa del libro di Valderice.
Quattro giorni belli, intensi, pieni di incontri con bambini e ragazzi (dalla scuola dell'Infanzia alle medie) e un laboratorio dedicato agli insegnanti. Fumetto, prime letture, poesia.
Diversi libri su cui lavorare: Fiato sospeso, Dante e il circolo segreto dei poeti, Chi c'è tra i miei capelli?, Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno.

Abbiamo visto i loro lavori sui quaderni, i disegni, i cartelloni.
Non sempre abbiamo potuto documentare, presi com'eravamo dalla conversazione, dal fare insieme ai bambini.
Qualcosa però abbiamo fotografato.











Quello che mi ha colpito è stata l'accoglienza per la poesia. Ascoltare le loro domande e soprattutto le loro impressioni sulle parole e sulle immagini di Marina. Ognuno aveva un particolare o una poesia preferita, una di cui poteva dire "Anche a me è successo quando..."oppure "Anche io penso che...".
Ho ascoltato molte storie ed è stato uno dei regali migliori.

Poi, alla fine della nostra chiacchierata, ci mettevamo a lavorare con le parole.
Si possono fare tante cose con le parole della poesia. Si può giocare in mille modi.
Io però preferisco fare sul serio. Soprattutto quando gli incontri sono brevi, un'occasione di una volta sola e quelli con cui parlo sono bambini dai 9 in su. Mi preme dire loro che la poesia li riguarda, che la scrittura può dire quello che hanno dentro, giù in cantina, che è una luce sicura per vedere, che non dobbiamo avere paura, che è bene dire, chiedere, risalire.

Per farli sgranchire un po', uso qualche piccolo espediente. Andiamo a caccia del flusso di coscienza, una cosa che li diverte molto. Dovrebbe una cosa personale, riservata, un sprint per mettersi in contatto con i nostri pensieri strampalati, per entrare.
La sorpresa è che molti ragazzi hanno voluto che io li leggessi, che li fotografassi. Mi sono detta che forse poche volte gli viene domandato "Cosa ne pensi? Cosa stai pensando?".
Loro stessi mi hanno confermato che era così.

Allora è bene scrivere, anche con gli errori di ortografia, scrivere e sapere che i nostri pensieri sono importanti, allenarsi a pensare i nostri pensieri. Anche se nessuno ce li chiede.
Non sono mai pensieri sciocchi, anche quelli a ruota libera.
  
 





Poi abbiamo lavorato su alcuni oggetti che avevano portato a scuola. Una grande commozione nel leggere i loro affetti attraverso queste porticine fatti di giocattoli o primi oggetti personali, tutti nostri, un onore poter vedere oltre questi spiragli. 

Chiudo con questa poesia, una su tutte.
Un ragazzino che ha portato una coppa.

Ecco quello che ha scritto:

A una corsa di 400 m
siamo partiti ero in testa
ma poi sono stato superato.
Ero secondo!
Ero contentissimo di aver vinto una coppa
tutta mia!
(Non come quella del calcetto)





Un grazie alle scuole che ci hanno ospitato, a tutti gli insegnanti.
Un saluto a tutti i bambini, dai più grandi ai più piccini, a quelli che ancora si staranno chiedendo dove è finito il palloncino con il nostro uccellino e, facendo così, inventano una storia nei loro pensieri.
Spero che qualcuno gliela chieda questa storia, gli faccia una domanda preziosa e ascolti la loro formidabile risposta.



 




mercoledì 14 maggio 2014

Eugenio, invenzioni a scuola




Ancora incontri a scuola.
Diciamolo subito: è sempre bello incontrare i bambini, sempre.
Più bello ancora quando hanno potuto leggere con calma il libro attorno ai quale girerà l'incontro.
Un vero colpo di fortuna è quando le insegnanti hanno davvero lavorato sul libro.
Il nostro "Eugenio l'inventore" (Giunti, Leggo Io) è un libro piccino, una storia semplice. Ma dentro abbiamo nascosto tante cose e tante domande: che vuol dire inventare, creare? che si fa quando perdiamo la fiducia in noi stessi? un bambino può aiutare un adulto? come fare se i genitori lavorano troppo? come fare con le baby sitter che non ci vanno a genio? possiamo dire la nostra? e così via.
Alcune insegnanti queste domande le trovano e le utilizzano per far parlare, scrivere, disegnare i bambini.
Ieri, in una scuola di Costano, alla fine dell'incontro abbiamo ricevuto in regalo un bel libro dove c'erano alcune delle cose dette, pensate, immaginate dai bambini.
Hanno fatto alcune richieste a Eugenio, esperto di "invenzioni su misura". Hanno giocato a immaginarsi una "stanza-vacanza" come ce l'ha lui.
Secondo me, un modo intelligente per ascoltarli, conoscerli.
E allora noi abbiamo ricambiato regalando a ciascun bambino un kit dell'inventore perché possano continuare a giocare e mettersi nei panni di Eugenio e realizzare la propria "invenzione amica", simile a quelle che Sualzo ha nascosto nel libro (un corpo a forma di cilindro, più o meno. Ruote, braccia, occhi e qualche accessorio).
D'accordo, è il tubo di un rotolo di carta igienica dipinto. Ma i bambini, che sono esseri superiori, ci vedono mille possibilità. Mettono bottoni, spine, antenne. Scrivono istruzioni, funzionamenti. E, soprattutto, raccontano mancanze, esprimono desideri.
Direi che questo incontro è andato bene.

















lunedì 5 maggio 2014

Laboratorio alla libreria Cuccumeo di Firenze


Ad aprile, ospiti della bellissima libreria Cuccumeo a Firenze, io e Marina Marcolin abbiamo incontrato i bambini per presentare Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno (Topipittori).
Li abbiamo accolti sotto una tenda fatta di coperte, fili, corde, teli. In terra tanti cuscini.
Carta, penna, colori e alcuni piccoli oggetti portati dai bambini.
Abbiamo letto poesie e scritto insieme. Ci siamo ascoltati. Poi abbiamo disegnato.








Il bellissimo disegno è di Marina, questo piccolo testo è mio.
L'ho scritto guardando una bambina lavorare con noi. Prima molto timidamente, poi più sicura. 
Non ha letto mai ad alta voce e solo alla fine, mi ha allungato il suo scritto. Parlava della sua penna, che se ne sta in disparte, si sente giù. Ma se per caso viene scelta tra le altre, si emozionata tutta. 
Si sente presa in considerazione ed è felice perché, diceva la penna, "a me piace molto scrivere".







Si parla sottovoce, si scrive come viene
si dice un poco, il resto si trattiene.
Va bene stare scomodi,
è solo per provare,
tirar fuori le parole
non sai mai come fare.
Ci vuole un apriscatole,
una chiave a stella,
poi basta una frase
e sei proprio tu, sei quella.



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