lunedì 20 ottobre 2014

La mia invenzione



Un giorno sono capitata in una scuola dove avrei dovuto incontrare dei bambini per parlare un po' di poesia. Quando sono arrivata i bambini non erano ancora pronti. Stavano infatti leggendo i loro testi assegnati dall'insegnante proprio per quel giorno. Il tema su cui avevano scritto è un tema a me molto caro: il silenzio.
Così ho chiesto di poter ascoltare.
La brava insegnante che teneva i fili di tutto questo era partita da una pagina di Tiziano Terzani.
Le loro riflessioni mi hanno molto colpito e qualcosa ha iniziato a lavorare dentro di me.

Sono andata a rileggere Terzani. Questo è uno dei brani che dedica al silenzio in Un'altro giro di giostra:


Meraviglioso, il silenzio! Eppure noi moderni, forse perché lo identifichiamo con la morte, lo evitiamo, ne abbiamo quasi paura. Abbiamo perso l'abitudine a stare zitti, a stare soli. Se abbiamo un problema, se ci sentiamo prendere dallo sgomento, preferiamo correre a frastornarci con un qualche rumore, a mischiarci a una folla anziché metterci da una parte, in silenzio, a riflettere. Uno sbaglio, perché il silenzio è l'esperienza originaria dell'uomo. Senza silenzio non c'è parola. Non c'è musica. Senza silenzio non si sente. Solo nel silenzio è possibile tornare in sintonia con noi stessi, ritrovare il legame fra il nostro corpo e tutto-quel-che-ci-sta-dietro. Da tempo predicavo, a chi mi voleva ascoltare, la santità del silenzio, finché tra le vecchie storie indiane ne avevo trovata una che in poche parole spiega tutto. Un re va da un famoso rishi nella foresta. 
«Dimmi, qual è la natura del Sé?» chiede.
Il vecchio lo guarda e non risponde. Il re ripete la domanda. Il rishi non risponde. Il re chiede di nuovo la stessa cosa, ma il rishi resta muto. 
Il re s'arrabbia e urla: «Io chiedo e tu non rispondi!»
«Tre volte ti ho risposto, ma tu non stai a sentire», dice, calmo, il rishi. «La natura del Sé è il silenzio.»

Una mente silenziosa non vuol dire una mente senza pensieri. Vuol dire che i pensieri avvengono in quella quiete e possono essere meglio osservati. Possono essere pensati meglio.
Mai come oggi il mondo avrebbe bisogno di maestri di silenzio e mai come oggi ce ne sono così pochi. Bisognerebbe averli nelle scuole: ore dieci, lezione di silenzio. Una lezione difficile perché, sintonizzati come siamo sulla costante cacofonia della vita nelle città, non riusciamo più a «sentire» il silenzio. Eppure, varrebbe la pena provare. Se da ragazzo mi avessero insegnato la filosofia cominciando col farmi star zitto a chiedermi chi ero, avrei forse finito per capire qualcosa: se non altro che tutte quelle teorie avevano un rapporto con la mia vita ed erano meno noiose di come me le facevano apparire.




Maestri di silenzio. Questa mi è sembrata una grande idea.

Qualche mese dopo ho scritto un testo. Si chiama La mia invenzione.
Funziona con un accumulo di immagini, metafore, oggetti con l'intenzione di presentare questa straordinaria esperienza che è stare in silenzio, entrare nel silenzio consapevolmente, farlo funzionare, provarlo come se fosse uno strumento, un'invenzione.

Quest'anno avevo di nuovo l'opportunità di lavorare con i bambini della scuola dell'Infanzia in continuità con la Scuola dell'Infanzia e il tema che avevano scelto era la musica.
Mi sono detta allora che io avrei potuto partire un passo indietro, dall'ascolto del silenzio.
Di certo era una sfida. Tuttavia ho voluto provare e sono davvero molto contenta.
Ho già incontrato 12 gruppi e ne incontrerò altrettanti nei prossimi giorni.

La sede è in una fantastica torre medievale, la torre dei Lambardi a Magione.
Antonio ed io abbiamo preparato due stanze al primo e al terzo piano.

Arrivo alla torre, si scarica.


Ho preparato un telo che fa da sfondo. Ci sono alcuni elementi, pochi, i colori sono scelti con cura, dietro ogni oggetto c'è un motivo, un significato. Altri oggetti sono invece nascosti dentro alcune taschine del telo e usciranno quando racconterò la storia. Davanti a tutto c'è una scatola di legno bianca.

 Luogo preparato per la lettura.




Al terzo piano, nella stanza più silenziosa della torre, ho preparato un altro luogo. Questo è dedicato al laboratorio di silenzio. Ci sono due libri, qualche strumento. Una scatolina bianca, più piccina.


Luogo preparato per il laboratorio del silenzio.


I bambini arrivano da vari plessi. Se il gruppo è troppo numeroso allora ne facciamo due: un po' di bambini restano all'esterno e altri vengono subito con me.
Il gruppo che aspetta all'esterno si dedica all'esplorazione del piccolo parco, all'osservazione della natura allenando la capacità di concentrazione. Propongo infatti la Caccia alle dieci cose misteriose (un elenco di cose da trovare nella natura "qualcosa di fragile, qualcosa di levigato, qualcosa di duro..."). I reperti saranno utilizzati a scuola per giocare a indovinare cos'è utilizzando l'udito o il tatto.





Intanto, dentro al torre, si sale per ascoltare e scoprire La mia invenzione.
Dico ai bambini che l'invenzione è chiusa dentro la scatola bianca... Spiego loro che quella che ascolteranno è una storia così speciale che la racconterò senza aprire bocca. Antonio infatti ha registrato la mia lettura del testo e a me non resta che toccare, muovere, usare alcuni degli oggetti. Lui, da dietro il telo, cura la musica e i suoni (ha messo pure uno specchio per vedermi e prendere i tempi giusti... diciamo che le sue trovate anche questa volta mi hanno salvato la vita).








Al termine dell'ascolto ci spostiamo ancora più in alto. Saliamo al terzo piano, in mezzo alle nuvole.
Qui facciamo il laboratorio di silenzio. Entriamo dentro al silenzio tutti insieme, passo dopo passo.
Prima facendo rumore (saltiamo e corriamo, Antonio è alle percussioni) e poi, pian piano, mettendo in quiete il nostro corpo.






I bambini, nella maggior parte dei casi, riescono sentire il ritmo del proprio respiro e il battito del cuore sotto il palmo della mano. 


Il finale lo dedichiamo all'ascolto di suoni: quelli della giornata (con il CD contenuto in Teo ha le orecchie curiose, Fulmino edizioni) e quelli degli strumenti musicali (con il Cd contenuto ne Il mio libro illustrato degli strumenti, Casa editrice Curci).


Li saluto con un piccolo regalo: una scatolina di legno dipinta di bianco (attorno alla quale potranno riunirsi ogni volta che vorranno ripetere l'esperienza del laboratorio di silenzio all'interno o all'esterno della scuola) e due poesie di Roberto Piumini sul silenzio.

Ne metto una proprio qui:


Semi di suono


Sento

il vento.

Ha dentro

semi di suono.

Li posa e riposa

nelle orecchie segrete

dove sole e pensiero sono

insieme.

Quei semi

di suono

lentamente

crescono

in musiche rumori voci immense

e dolci:

in conchiglie

cresce rumore di mare.

Poi torna il vento:

sento soffi freschi

asciugare i rumori

tagliare le foglie

alla musica e al suono

fino al silenzio.



Una nota felice:
Il testo La mia invenzione diventerà presto un libro pubblicato da Edizioni Corsare (tra gennaio e febbraio 2015).


Tanti grazie:
Grazie a Lucia, il mio punto di partenza, la bravissima maestra che ha assegnato quel tema e ha iniziato a far ascoltare ai bambini il silenzio in classe.
Grazie alla dirigente scolastica che ha accolto la proposta, a tutte le insegnanti che ogni mattina fanno tutte le rampe della torre, ascoltano, giocano, stanno in silenzio con me e con i loro bambini accompagnandoli in questa esperienza.
Grazie a Alessio e Federica, custodi della torre.
Grazie al mio papà che conserva cose apparentemente inutili (tronchi, cortecce, ruote...).
Un grazie di cuore alla mia carissima amica Elena che mi aiuta in ogni avventura che richieda ago e filo, pazienza e un po' di pazzia.
Grazie sempre ad Antonio (anche se credo che dopo tutti questi incontri mi chiuderà nella torre così che non potrò inventare altre cose che lo tirano via dal tavolo da disegno).





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